venerdì 26 ottobre 2012

Chi è il family caregiver?

Dunque può succedere, ad un certo punto, che un familiare si ritrova a ricoprire contemporaneamente una serie di ruoli appresi spesso unicamente dalla propria esperienza diretta.

Ed il più delle volte sono ruoli che richiedono una notevole competenza e destrezza.

Da quelli più “meccanici” come la somministrazione di farmaci, nutrizione ed idratazione artificiali,  a quelli maggiormente complessi come l’aspirazione nasotracheale, la ventilazione manuale, i cateterismi ecc.

Insomma tutto ciò che riguarda generalmente il mansionario infermieristico, senza snobbare anche compiti puramente medici come quelli di primo soccorso durante crisi epilettiche, respiratorie, emorragiche ed altro.

Ma è riduttivo ritenere che il ruolo ricoperto sia unicamente sanitario: sin dall’inizio la maggioranza dei familiari impara ad attivare  con la persona di cui hanno cura competenze elettivamente riabilitative, sia fisioterapiche che cognitivo comportamentali. Funzioni indispensabili non soltanto per la sopravvivenza del loro congiunto ma, soprattutto per la sua qualità di vita.

Non è finita qua.

Ad un supereroe che si rispetti non possono mancare degli aspetti apparentemente meno importanti ma preminenti nel contesto di sopravvivenza di una persona con disabilità molto grave: il rapporto con le istituzioni.

Per averne una piccola idea basta leggere l’ottimo dossier sulle incombenze burocratiche  effettuato da Carlo Giacobini che nella sua asetticità sorvola sulle indubbie capacità relazionali richieste per riuscire ad affrontare burocrati annoiati, spocchiosi ed inutilmente vessanti.

Tutto questo riguarda solo una parte del compito richiesto al family caregiver: spesso questo silenzioso supereroe dovrà anche assumersi  un funzionale ruolo lavorativo per supportare le gravose esigenze economiche fronteggiate in ogni condizione di disabiltà, senza tralasciare il ruolo che da famigliare ricopre con il resto della famiglia, dove frequentemente sono  presenti altre impellenti fragilità ( bambini, adolescenti ed anziani…) 
 
All’estero, il ruolo di “cura invisibile” dei familiari è molto studiato, riconosciuto e supportato.

Diverse sono le ricerche in merito alla condizione di queste persone.

La più famosa è quella della Dr.Elizabeth Blackburn, illustre professore di biochimica presso l'Università di San Francisco, che ha condotto un importante analisi sullo studio dello stress, invecchiamento e alterazioni biochimiche a livello cellulare che le ha fatto meritare il Nobel nel 2009.

Nei numerosi studi scientifici in merito, l’ultimo rileva l’alta incidenza del rischio d’infarto dei family caregiver, viene evidenziato come il contesto di preminente cura di un familiare con grave disabilità predispone a condizioni di stress cronico che:
  • Incidono nel sistema immunitario del caregiver per fino a tre anni dopo la fine della stessa esperienza di cura;
  • Tra il 40 e il 70 per cento delle assistenti familiari hanno sintomi clinicamente significativi di depressione (BURDEN) con circa un quarto dei quali è diagnosticabile come  depressione maggiore;
  • E’ stato dimostrato che l'aspettativa di vita del family caregiver è inferiore dai 9 ai 17 anni in meno della media;
  • Il settanta per cento dei family caregiver trascurano la loro salute fino a riportare essi stessi condizioni invalidanti;
  • In media il family caregiver fornisce dalle 40 alle 84 ore in media di assistenza alla settimana, l'equivalente di più di due lavori a tempo pieno. Con la conseguente perdita o riduzione di una propria attività lavorativa retribuita.



2 commenti:

  1. ritengo che la ricerca svolta dal premio Nobel dr.elisabeth blackburn sia come volgere l'attenzione verso un mondo che si vuole ignorare, ma esiste davvero ve lo posso assicurare, essendo coinvolta personalmente posso affermare che sto invecchiando precocemente e la mia salute ne risente al massimo, dovendo assistere una figlia disabile da sola senza nessun aiuto valido ad allegerirmi un po' la vita, se così la vogliamo chiamare.
    per chi vive queste realtà la vita è un inferno ogni giorno, ogni ora e spesso si ha la voglia di finirla...

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  2. Ma una nazione che dichiara democrazia e civiltà non può ignorare i diritti umani del suo popolo.

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